Cenni storici a cura di Fabio Bertusi
Il ventidue aprile millesettecentosettantotto don Giovanni Battista Bianconi, studioso e docente di lingue antiche all’università, nel suo penultimo testamento dispone che “al minore dei suoi quattro nipoti, Giuseppe Pietro, vada in eredità un fondo, situato “in faccia alla Madonna dell’Olmo” a Calcara. Un paio d’ anni dopo, a quanto pare con il consenso dello zio, su questo terreno Giuseppe Pietro comincia la costruzione di un “casino di campagna” su progetto del fratello Carlo, allora segretario dell’Accademia di Brera, scuola di formazione artistica con indirizzo applicativo, da poco istituita dal governo austriaco. Ad intuire il talento di Carlo Bianconi era stato proprio lo zio Giovanni Battista che oltre ad incoraggiare le sue inclinazioni si sforzò anche di provvederlo di una solida istruzione di base. Grazie ad essa Carlo potè emergere nella società bolognese e poi in quella italiana non solo per l’abilità nel padroneggiare le tecniche di varie discipline (disegno, incisione, pittura, scultura), ma anche per l’influenza della sua voce nel promuovere un rinnovamento del gusto artistico, orientandolo al recupero di modelli del Ccinquecento e attraverso questi dell’antichità classica. Non sorprende quindi riconoscere nel disegno del “Casino dell’Olmo” influssi del Palladio e scoprire che nella realizzazione di un suo particolare, la gradinata sul fronte, intendesse mettere in chiaro il significato di un controverso passo di Vitruvio: infatti, secondo la sua interpretazione, per altro erronea, affinché la scalinata non apparisse malamente infossata fra i muri di rinfianco, questi non dovevano essere costruiti d’altezza costante lungo di essa, ma sagomati a gradoni, come tutt’ora si vede, così da elevarsi progressivamente fino al livello del primo piano della villa.