Palazzo Garagnani

Anno 1995 - Particolare della torre

Villa Pedrazzi e Oratorio di San Francesco

Facciata del Palazzo e parte retro dell' Oratorio Anno 2009

Villa Melotti - Ferri ora Spada


Vista frontale della villa - 2009 -

Villa Cavallini



Il muro di recinzione e la facciata della villa - Anno 2009 -

Villa Turrini - Rossi ora Nicolay


Il viale di accesso e parte della facciata principale - Anno 2009

Villa Bianconi Rusconi Bassi


Immagine 2009 - Dopo il restauro - Sotto immagine 1995 - Prima del Restauro

Torre Cattanei - Villa Stagni



Vista Sud e vista Ovest della Torre - anno 2009 -

Villa Aldrovandi (Rinaldi-Ceroni)

Facciata principale della villa - anno 2004 -

Omaggio al Cav. Luigi Calanca sindaco di Crespellano dal 1975 al 1987

…..”Per difendere e’ necessario amare.
Per amare e’ necessario conoscere. Anche gli avvenimenti del passato debbono essere oggetto di questa conoscenza perché in essi sono le radici del nostro presente e del nostro impegno per il futuro.”…..

LE VILLE
Dal ‘500 al ‘700 la pianura bolognese che il medio evo aveva reso paludosa insana, viene riconquistata con la bonifica, con la divisione in appezzamenti, con le grandi opere di sterro dei canali.
La classe dominante si rivolge alla campagna con spirito imprenditoriale e costruisce le sue ville al centro del fondo agricolo o sulle primissime pendici delle colline.
La villa si inserisce come elemento organizzatore di tutto il paesaggio circostante: su di essa convergono dall’infinita pianura le linee ortogonali, punteggiate dai filari, attorno ad essa sorgono i rustici fabbricati dei poderi aziendali.
La campagna assorbe la cultura della città che si manifesta esclusivamente nella villa, dotata di tutte le attrezzature e di tutte le raffinatezze del palazzo cittadino.
Crespellano reca una nutrita testimonianza di queste dimore che ci permettono di interpretare di far rivivere l’arte, la civiltà e il costume di un passato che le virtù critiche del nostro tempo rivelano ricco di valori degni di essere salvati a vantaggio di tutta la comunità.

Cav. Luigi Calanca

Testo tratto dagli elaborati della “Mostra Storico Sociale del Paesaggio Crespellanese” tenutasi a Crespellano nel Maggio 1974 e ripresentata a Calcara nel Luglio 1981

Villa Turrini - Rossi ora Nicolay

Cenni storici - A cura di Fabio Bertusi
Nella seconda metà del Cinquecento i fratelli Giacomo Filippo e Antonio Maria Turrini, trasferitisi a Bologna, esercitando il commercio della seta e prestando denaro come banchieri, riuscirono ad accumulare ingenti ricchezze che progressivamente investirono in terreni ed immobili, come ad esempio nelle loro abitazioni in città, in una cappella in S. Domenico, eletta a tomba di famiglia, e nella trasformazione della modesta casa paterna di Calcara in un palazzo signorile. Col tempo le fortune di questa famiglia continuarono ad accrescersi, compiendo un vero e proprio salto di quantità e qualità, quando nei primi decenni del settecento per successione ereditaria i Turrini divennero i titolari del patrimonio dei Rossi (quelli del palazzo di Pontecchio) e quando dopo la metà di questo secolo un loro esponente, Francesco, entrò a far parte del senato cittadino.
Così verso gli anni settanta di quel secolo il vecchio palazzo di campagna non parve più una dimora adeguata ad una famiglia patrizia e si decise di trasformarlo sostanzialmente secondo i dettami dello stile architettonico in voga al momento. Tuttavia la costruzione originaria, che aveva ad occidente una piccola ala, non subì alcun radicale stravolgimento: solo si cercò di simmetrizarne il volume con l’aggiunta di un’altra ala ad oriente, lasciando che gli ambienti originari continuassero ad imperniarsi sulle logge passanti dei diversi piani; quindi sulla vecchia facciata, come una quinta teatrale, se ne sovrappose una nuova coi caratteri classicheggianti allora di moda. Naturalmente si dovettero aggiornare anche le decorazioni degli interni, tutt’ora ben conservate almeno per quanto riguarda le logge del piano terreno e del primo piano. In quest’ultima le pitture vorrebbero suggerire l’impressione di trovarsi in un padiglione coperto da tendaggi e collocato su una terrazza, tutta aperta ai lati, dalla quale godere della vista del paesaggio attorno, così come rappresentato dalle scene agresti sulle pareti. Nella loggia da basso, invece, i dipinti, probabilmente un pò più antichi, raffigurano personaggi ad episodi della guerra di successione spagnola (1701-1714), nella quale uno dei Turrini, Angelo Maria, si trovò a militare nell’esercito di Luigi XIV.

Palazzo Stella

Cenni storici
Sono purtroppo poche le notizie certe riguardanti questo edificio che recentemente è stato riportato al suo antico splendore e che possano fornire punti di appoggio a un tentativo di ricostruzione della sua storia.
Il nome deriva probabilmente da Giuseppe Stella, il quale, ottenuto il titolo comitale dal papa bolognese Benedetto XIV Lambertini alla metà del Settecento, acquistò la villa in questione e la villa di Belpoggio in via Siepelunga a Bologna.
Da ciò si deduce che la villa, alla metà del XVIII° secolo, doveva necessariamente essere già stata edificata. Ma le sue origini sono verosimilmente più antiche, probabilmente cinquecentesche, così come notano Cuppini e Matteucci nel loro saggio sulle ville del bolognese.
L’antico edificio, non più esistente, fu trasformato nei secoli successivi, probabilmente nel tardo Settecento.
Il recupero dei progetti originali assume un’importanza rilevante, non soltanto per la storia di Palazzo Stella, ma anche per la ricostruzione di quel “clima” culturale, a cui già si è fatto cenno, che dovette crearsi nella zona compresa tra Calcara e Crespellano nel tardo Settecento grazie alla presenza di architetti quali Antonio Venturoli e Carlo Bianconi, che aggiornarono l’architettura locale sui modelli di quella palladiana.
Anche Palazzo Stella, con l’eleganza delle sue linee sobrie e l’equilibrio dei suoi volumi, può essere ricondotto a questa congiuntura, così come più marcatamente testimonia il singolare loggiato sul lato Nord, con archi a tutto sesto ai lati e architravato al centro.
Internamente la villa organizza gli spazi attorno a due logge passanti sovrapposte, che smistano gli accessi negli ambienti laterali.
Sia le logge che numerose stanze presentano soffitti a volta dipinti con eleganti motivi floreali, pizzi, cammei e pietre preziose, alternati a gradevoli scene campestri, allegoriche e nature morte, riconducibili al XIX° secolo.
Il soffitto di un ambiente al pianterreno, decorato da motivi “alla pompeiana”, particolarmente in auge nel clima tardo settecentesco ancora suggestionato dalla scoperta di Ercolano, Pompei e Stabia, è stato ricondotto all’entourage del pittore Antonio Basoli.
La villa nel corso dell’Ottocento passò alla famiglia Masetti, mentre attualmente è proprietà della famiglia Fochi-Barbiroli, che ne ha promosso l’accurato restauro e, insieme al Comitato di Palazzo Stella, la trasformazione in prestigioso centro di promozione culturale e “museo in progress”, attivo nell’organizzazione di mostre ed eventi.
L’edificio è inserito nel podere circostante e in un parco romantico, che vanta la presenza di pregiate specie arboree, molte delle quali plurisecolari.
Nel parco, oltre alla settecentesca cappella dedicata a Sant’Anna, si trovano i locali di servizio, tra cui la scuderia, ancora dotata degli arredi originari, la suggestiva lavanderia, in perfetto stato di conservazione, così come lo sono la bellissima ghiacciaia a volta e le fagianiere.

Villa Sapori - Lazzari

Cenni storici
La sua storia inizia nella prima metà dell’Ottocento, quando le mappe catastali ne documentano la presenza come “Casino di Ponte Samoggia”.
L’area su cui sorge, dall’età napoleonica, era stata inglobata nel Ducato di Galliera, una vastissima proprietà terriera che, dalla via Emilia, giungeva fino al comune di Galliera.
Il ducato era stato creato dal ministro Antonio Aldini per Napoleone, il quale lo assegnò a Eugenio di Beauharnais, figlio di Giuseppina e Viceré d’Italia.
Alla caduta di Napoleone, il ducato fu dapprima acquistato dal marchese De Ferrari di Genova e da questi, verosimilmente entro la metà del secolo, rivenduto ai principi francesi d’Orléans duchi di Montpensier.
Durante quest’ultimo periodo fu edificato il suddetto “casino”, adibito probabilmente a residenza di campagna dei principi, il cui stemma compare anche in alcuni altri edifici nei dintorni, e forse a funzioni legate alla caccia.
La trasformazione che portò l’edificio ottocentesco ad assumere le sembianze attuali avvenne agli inizi del Novecento, quando la proprietà fu acquistata dalla famiglia Lazzari, che oltre all’aspetto, ne mutò la funzione, facendone il centro direzionale delle attività agricole, in particolare la coltivazione del grano, svolte nei poderi circostanti.
La villa si presenta come un bell’edificio a sviluppo orizzontale, a tre piani, con scalone esterno posto al centro della facciata principale, dal quale si accede al piano nobile e torretta sulla sommità dell’edificio.
La villa conserva ancora in perfette condizioni, all’ultimo piano, il bellissimo granaio, nel quale pare ancora di avvertire il profumo del suo originario contenuto.
La famiglia Lazzari è tuttora proprietaria della villa, attraverso i suoi discendenti Sapori-Lazzari.

Villa Pedrazzi e Oratorio di San Francesco

Cenni storici
In questo luogo suggestivo di poco fuori dal centro abitato di Crespellano, dove i rumori si placano nelle linee dolci della campagna e dove la tradizione vuole che lo stesso San Francesco abbia predicato, sorge uno dei più antichi edifici di culto dedicati al Santo di Assisi. Ad esso fa riferimento una nota del Messale Rosso già nel 1232.
Se si pensa che a queste date (1232) San Francesco era morto da soli sei anni, che ad Assisi era da pochi anni iniziata la costruzione della basilica e che ancora doveva essere edificata la grande chiesa bolognese dedicata al Santo (dal 1236), si comprenderà meglio la precocità del piccolo, prezioso oratorio di Crespellano, un’architettura dalle sobrie linee romaniche, con facciata a capanna, aperta dal portale ogivale e da un piccolo rosone e decorata da una teoria di archetti ciechi che percorre la sommità della facciata e il fianco destro dell’edificio.
Adiacente all’oratorio si trova una struttura adibita originariamente a convento e successivamente trasformata in villa di campagna.
In seguito alle spoliazioni napoleoniche, infatti, la proprietà, che apparteneva ai Frati Minori Francescani, fu acquistata dalla famiglia Garagnani, che procedette alla trasformazione dell’originaria sede conventuale in villa e mantenne l’oratorio aperto alla devozione dei crespellanesi .
Alla fine dell’Ottocento la proprietà fu acquistata dalla famiglia Pedrazzi, mentre ora, in seguito all’estinzione della stessa famiglia, appartiene alle Suore Minime dell’Addolorata di Bologna.

Villa Muratori ora Meriggiani

Cenni storici a cura di Fabio Bertusi
E’ l’unica villa settecentesca calcarese giunta agli attuali proprietari esclusivamente per via ereditaria ed è anche l’unica, di cui è stato finora possibile seguire le proposte progettuali sulla base dei disegni originali dell’autore, tanto più interessanti in quanto comprensivi anche di suggerimenti per la sistemazione del terreno attorno ad essa.
“Li 28 dicembre 1777. Pianta, Facciata, Spaccati della grandiosa Fabbrica che ora si costruisce di nuovo nel comune di Calcara, di ragione del Sig. Don Gaetano Muratori; in seguito feci il disegno del Camerone per custodire le piante degli agrumi in tempo d’inverno”.
Così scrive Angelo Venturoli nel “Catalogo cronologico da lui stesso tenuto di tutte le sue operazioni”, lasciando trasparire l’entusiasmo per questo incarico, uno dei primi lavori che gli venivano affidati. Il committente è senza dubbio spinto da una certa ambizione dal momento che vuole una “fabbrica grandiosa”, ma, come par di capire, paragonando i progetti originali alla realizzazione, senza inutili sfarzosità e soprattutto dotata di quanto poteva renderla confortevole e funzionale tanto da soddisfare anche il suo senso pratico. In questo modo il progetto definitivo prende forma attraverso il confronto fra la fantasia del giovane architetto, la situazione di fatto sul terreno, dove già si trovano tre edifici staccati e disposti a ferro di cavallo, e la prudenza amministrativa del proprietario, che solo per completare l’ala padronale imporrà di distribuire i lavori necessari nell’arco di un ventennio: qui gli ultimi dipinti di Pietro Fancelli sembra, infatti, siano stati eseguiti nel 1797. Quanto al resto e cioè alle operazioni per rendere l’ala dei servizi esternamente omogenea all’ala padronale e a quelle per il rifacimento del corpo centrale della villa in modo da saldarlo ai due laterali si dovette andar oltre il primo decennio dell’Ottocento.

Villa Melotti - Ferri ora Spada


Cenni storici a cura di Fabio Bertusi
Già da lontano la sua presenza è segnalata dall’elemento architettonico che la caratterizza con più evidenza, emergendo da una macchia di alberi: una torretta rossa, dalla cui sommità nei primi decenni del Novecento i rintocchi della campana di mezzogiorno venivano accompagnati da un colpo a salve sparato da un cannoncino Winchester. La torretta fa parte di un edificio, frutto della ristrutturazione in stile liberty di un precedente casino padronale della famiglia Ferri, di cui un acquerello documenta l’aspetto della facciata Est, mascherata da un curioso trompe l’oeil (vedi immagine). La trasformazione comincia nel 1903 su progetto di Raffaele Melotti (Bologna 24/10/1859 – Roma 13/1/1907), erede designato dei beni della famiglia Ferri a Calcara, e termina coll’inaugurazione della torre nell’aprile del 1906. Impiegato nel corpo del Genio Civile a Roma e impossibilitato a seguire con continuità i lavori sul posto, l’ing. Melotti, si avvale per quest’opera della collaborazione di un capomastro, residente nella casa del custode della proprietà, Gaetano Drusiani. Grazie alla competenza e alle capacità di costui quest’ultimo i lavori procedono rapidamente e senza intoppi, lasciando il progettista libero di dar sfogo al suo temperamento artistico (a Bologna, dove si era laureato, aveva frequentato l’Accademia) e consentendogli così di definire anche altri aspetti dell’operazione che l’appassionavano come il disegno dell’arredo interno e quello della decorazione dell’esterno, realizzata con fregi d’eleganti mattonelle di ceramica, prodotte dalla ditta Cantagalli di Firenze, con motivi floreali di sua invenzione.

Nella immagine: Il Palazzo della Cà Basse prima della trasformazione

Palazzo Marescotti, (Righini) e la Colombaia del Confortino

Cenni storici
Anche in questo caso, come in diversi altri nel nostro territorio, la storia locale si mescola alle vicende di una delle più illustri famiglie bolognesi: quella dei Marescotti.
I suoi membri furono tra i primi ad ottenere la dignità senatoria da papa Paolo II nel 1466 e Galeazzo Marescotti fu il primo senatore a vita.
Proprio Galeazzo, nel 1458, fece costruire il suo palazzo nella zona cosiddetta del Confortino, così come attesta il contratto conservato presso l’Archivio di Stato di Bologna, in cui appare che il Marescotti affidò l’incarico a un costruttore originario di Mandello, sul lago di Como.
La cronologia sarebbe confermata, se ancora ce ne fosse bisogno, dall’elegante loggiato interno, i cui capitelli recano gli stemmi dei Bentivoglio e dei Marescotti.
Prima che a Galeazzo, la proprietà in questione appartenne infatti ai Bentivoglio, da cui lo stemma, che a loro volta erano succeduti ai Ghisilieri, gli originari proprietari, dopo la loro cacciata da Bologna per avere ordito un complotto ai danni degli stessi Bentivoglio.
Da questi ultimi la proprietà passò ai Marescotti che, attraverso Galeazzo, come si è visto, promossero la costruzione del palazzo a metà del Quattrocento.
Dietro il palazzo si trova la colombaia, bella struttura a torre, aperta sulla sommità da due ordini di logge sovrapposte, cronologicamente ricondotta alla metà del XVII° secolo, ma con probabilità anteriore.
L’area su cui si trovano i due edifici è tradizionalmente chiamata “Confortino” dal nome di Confortino Conforti, che possedette diversi terreni nella zona. In realtà, come si è visto, l’area su cui sorgono il palazzo e la colombaia era anticamente di proprietà dei Ghisilieri e la storia dei due edifici è totalmente a sé rispetto a quella degli altri di cui si dirà.
Dal suo testamento e dai codicilli (1294) si evince che Conforti alla sua morte, avvenuta sul finire del Duecento, dispose che su una porzione delle proprietà che possedeva nella zona fosse costruita una chiesa dedicata a San Francesco.
Pochi anni dopo, all’inizio del Trecento, il figlio dispose a sua volta nel suo stesso testamento che fosse costruito anche un convento, comprensivo di tutti i locali necessari alla vita della comunità dei frati.
A questa fase, compresa tra la fine del Duecento e l’inizio del secolo successivo, si colloca verosimilmente la costruzione della bella chiesa romanica dedicata a san Francesco e dell’adiacente struttura conventuale, modificata nel corso dei secoli.
Risulta non confermata da documenti la notizia secondo la quale il palazzo sarebbe stato luogo di residenza estiva dei frati.
Esso rimase proprietà di un ramo della famiglia Marescotti fino al tardo Settecento.
Attualmente, insieme alla colombaia, è proprietà Righini.

Palazzo Garagnani

Cenni storici
Posto nel cuore dell’abitato di Crespellano, da numerosi autori è ritenuto, in origine, villa di delizie della famiglia Bentivoglio. In particolare Masetti Zannini riporta che esso appartenne ai Bentivoglio fino alla loro definitiva cacciata da Bologna nel 1512, in seguito alla quale divenne proprietà della famiglia senatoria dei Grassi, nemici degli stessi Bentivoglio.
Il palazzo Garagnani, che con la sua torre caratterizza verticalmente il profilo di paese, era tradizionalmente chiamato “castello” poiché, data la sua ubicazione, si riteneva fosse stato edificato sul luogo ove anticamente si trovava il castello di Crespellano, inglobandone in parte le originarie strutture. Questa tradizione è stata parzialmente messa in discussione da alcuni studiosi, sulla base del confronto con un disegno del 1578, una delle più importanti fonti iconografiche a noi note su cui basare la storia dell’edificio, ma non tutti gli autori concordano.
Il disegno in questione mostra il palazzo nelle sue sembianze tardo-cinquecentesche: la torre, che altri autori ritengono parte originale del mastio del castello, a quelle date è già stata trasformata in colombaia, attraverso la realizzazione di tre ordini sovrapposti di arcate a tutto sesto, in seguito murate.
Sul lato sinistro rispetto alla torre, il disegno mostra un corpo a due piani, a sviluppo orizzontale, molto simile all’attuale.
All’epoca del disegno poco sopra citato, come si è detto, il palazzo di Crespellano era proprietà della famiglia Grassi: vi sono documenti dai quali emerge che nel 1586 Sforza Alessandro Grassi, a quel tempo afflitto da guai con la giustizia, aveva ereditato da poco il palazzo dal padre Agamennone
Dai documenti disponibili si deduce, dunque, che il palazzo preesistente fu soggetto a trasformazioni nel corso del Cinquecento, mentre era di proprietà della famiglia Grassi.
La struttura, che nel corso dei secoli ha subito altri interventi di trasformazione, nonché pesanti danni a causa dei bombardamenti dell’ultibma guerra, nel 1813 è stata acquistata dalla famiglia Garagnani. Così come attesta l’Avviso di vendita volontaria, a quella data la proprietà era composta da: “Palazzo con sua adiacenza, scuderie, rimesse, conserva di neve, casa fattorale, colombaia, bugaderie, orto, giardino e prato, il tutto circoscritto da muro o siepi, ecc., oltre ad una casa con bottega da fabbro e falegname marcata n° 15, che formano un sol corpo sopra la superficie di tornature 14.30”
Internamente il palazzo vede la presenza di una loggia passante al pianterreno che smista i percorsi verso ambienti laterali, nonché di un bello scalone settecentesco a doppia rampa con statue allegoriche sulla balaustra.
Diversi ambienti hanno pareti affrescate con scene “alla boschereccia”, vedute paesaggistiche e altri motivi, per lo più a carattere allegorico-mitologico, dipinti nel corso dell’Ottocento.
Attualmente il palazzo è ancora proprietà della famiglia Garagnani, tranne una porzione, ceduta al Comune di Crespellano e destinata a divenire sede culturale.

Villa Cavallini

Cenni storici
L’edificio è posto in bella posizione panoramica, su una collina che domina il paese di Pragatto.
La sua costruzione risale al 1864, per opera della famiglia Boni di Modena.
Anche in questo caso, come nella maggioranza delle ville del crespellanese, si tratta di un edificio nato su una preesistente casa colonica.
Nell’ampio parco in cui la villa è immersa si trovano alcune costruzioni di servizio, una casa colonica e una serra dalla struttura a torretta, che testimoniano in parte la funzione legata all’attività agricola a cui l’edificio fu originariamente destinato.
Oltre che nel giardino, ove si trovano una grande vasca circolare e statue allegoriche, la ricerca di una sobria eleganza, che come si è visto si coniuga in molti casi alla destinazione pratica di questi edifici, si rivela negli interni, in particolare nell’ampio salone affrescato con motivi “alla boschereccia” e in un altro vano, anch’esso affrescato, e all’esterno, negli scaloni di acceso alla villa sui lati nord e sud.
Nel 1895 la proprietà fu acquistata dal conte Cavallini, dal quale passò per successione al figlio Filippo e da questi alla moglie, Elena Garagnani, l’attuale proprietaria.

Villa Bianconi Rusconi Bassi

Cenni storici a cura di Fabio Bertusi
Il ventidue aprile millesettecentosettantotto don Giovanni Battista Bianconi, studioso e docente di lingue antiche all’università, nel suo penultimo testamento dispone che “al minore dei suoi quattro nipoti, Giuseppe Pietro, vada in eredità un fondo, situato “in faccia alla Madonna dell’Olmo” a Calcara. Un paio d’ anni dopo, a quanto pare con il consenso dello zio, su questo terreno Giuseppe Pietro comincia la costruzione di un “casino di campagna” su progetto del fratello Carlo, allora segretario dell’Accademia di Brera, scuola di formazione artistica con indirizzo applicativo, da poco istituita dal governo austriaco. Ad intuire il talento di Carlo Bianconi era stato proprio lo zio Giovanni Battista che oltre ad incoraggiare le sue inclinazioni si sforzò anche di provvederlo di una solida istruzione di base. Grazie ad essa Carlo potè emergere nella società bolognese e poi in quella italiana non solo per l’abilità nel padroneggiare le tecniche di varie discipline (disegno, incisione, pittura, scultura), ma anche per l’influenza della sua voce nel promuovere un rinnovamento del gusto artistico, orientandolo al recupero di modelli del Ccinquecento e attraverso questi dell’antichità classica. Non sorprende quindi riconoscere nel disegno del “Casino dell’Olmo” influssi del Palladio e scoprire che nella realizzazione di un suo particolare, la gradinata sul fronte, intendesse mettere in chiaro il significato di un controverso passo di Vitruvio: infatti, secondo la sua interpretazione, per altro erronea, affinché la scalinata non apparisse malamente infossata fra i muri di rinfianco, questi non dovevano essere costruiti d’altezza costante lungo di essa, ma sagomati a gradoni, come tutt’ora si vede, così da elevarsi progressivamente fino al livello del primo piano della villa.

Villa Aldrovandi (Rinaldi-Ceroni)

Cenni storici
Detta anche Palazzo Aldrovandi, è una delle ville più antiche del territorio crespellanese.
Già il suo nome ci riporta indietro nel tempo a un passato illustre, quando, grazie alla villa e agli edifici ad essa collegati, la storia locale si intrecciò a quella di una delle famiglie di più antica nobiltà senatoria come quella degli Aldrovandi, dalla quale ebbe i natali Ulisse, medico e naturalista vissuto nella seconda metà del Cinquecento.
Ed è con gli Aldrovandi che ha inizio la storia di questo edificio.
La famiglia era proprietaria del terreno intorno all’inizio del Cinquecento e procedette all’edificazione del nucleo originario della villa. Un’immagine affrescata da un anonimo nella loggia del pianterreno all’inizio del XVI° secolo ce la mostra come doveva presentarsi a quel tempo: una casa padronale “a due acque”affiancata da edifici di servizio tuttora esistenti.
All’interno dell’odierno edificio, in un locale al pianterreno facente parte del nucleo originario della villa, sono ancora visibili alcuni fregi recanti stemmi gentilizi riconducibili al primo Cinquecento.
Ulteriore conferma dell’origine cinquecentesca della villa è fornita da una lapide, oggi murata nella cappella annessa alla villa, ma originariamente posta nell’oratorio di San Quirico, già nominato nelle mappe catastali del Cinquecento ma di ben più antica costruzione e, come si evince dalla lapide, fatto riedificare dalla famiglia Aldrovandi nel 1502 a brevissima distanza dall’edificio principale .
Oggi dell’antico oratorio non resta altro che una teoria di arcatelle cieche inglobata in una casa colonica.
Al 1502, la data che compare nella lapide come anno di ricostruzione dell’Oratorio di San Quirico, è stata verosimilmente ricondotta anche l’origine della villa, confermata, come si è detto, dalle tracce di stemmi e dall’affresco della stessa epoca.
Nel tardo Cinquecento il primo nucleo della villa fu arricchito da soffitti lignei a cassettoni recanti fregi con stemmi affrescati. Tra questi compaiono le armi degli Aldrovandi.
Così come attesta il cartiglio posto su una trave portante nel locale medesimo, la cantina risale al 1600: situata in un edificio attiguo dalle sobrie linee secentesche, risulta essere la più antica della provincia.
Dalla famiglia Aldrovandi la villa passò ai Guastavillani. La lapide della chiesetta primo-novecentesca annessa alla villa attesta che Alvise Guastavillani procedette col restauro dell’Oratorio di San Quirico nel 1850.
Pochi anni dopo la villa divenenne proprietà della famiglia Garagnani e, per matrimonio, della famiglia Rinaldi-Ceroni, attuale proprietaria.
I due stemmi in arenaria posti in facciata raffigurano le armi delle due ultime famiglie citate.
La facciata della villa è stata modificata nelle linee attuali durante il corso del XIX° secolo da parte della famiglia Garagnani.

Villa Banzi Beccadelli


Facciata sud della villa e particolare della piccola torre - 20o9 -


Villa Banzi Beccadelli

Cenni storici
Sono assai scarse le notizie note che documentano la storia della villa.
Probabilmente edificata nel corso del XVI° secolo, fu proprietà dei Banzi, nobile famiglia bolognese .
Esternamente si presenta come una pregevole struttura, aperta sul giardino da un portico a tre archi che alleggerisce il prospetto principale, esaltandone l’eleganza delle linee.
Internamente, una tradizione attendibile vuole che un membro della grande famiglia dei Bibiena abbia realizzato, intorno alla metà del Settecento, la sorprendente scala che porta alla loggia del piano superiore. In effetti, la qualità della struttura potrebbe confermare tale ipotesi: pur nello spazio limitato del vano a pianta rettangolare, ben lontano dal grandioso respiro degli scaloni barocchi, l’autore del progetto è riuscito a creare un effetto scenografico di straordinaria monumentalità, alleggerita da eleganti festoni di fiori e frutta e altri motivi vegetali disposti qua e là a sottolineare le modanature architettoniche e i profili delle aperture, ora reali ora cieche, che si alternano alle lesene nelle pareti.
L’edificio è inserito in un bel parco, ove la presenza di locali di servizio, nonché l’ubicazione stessa
nella campagna circostante, sono indici della funzione agricola svolta dalla villa nel corso dei secoli.
Dopo i Banzi, la proprietà è passata ai marchesi Beccadelli.

Torre Cattanei - Villa Stagni





Anno 2oo8 - Foto di Primo Masotti


Torre Cattanei - Villa Stagni

Cenni storici
Posta in cima a un colle, in splendida posizione panoramica che insieme rivela le originarie funzioni difensive dell’edificio, le sue origini sembrano essere ben documentate: così come attesta un’iscrizione del tempo tuttora leggibile e murata in facciata, esso fu costruito nel 1474 da Eliseo Cattanei. La notizia è confermata da una seconda iscrizione in cui si leggono le parole “Tugurium Elisei De Cataneis”.
Stando a questi dati, la Torre Cattanei si qualifica come una delle più antiche dimore del Comune di Crespellano.
Come l’edificio doveva presentarsi alcuni secoli più tardi, più precisamente nel tardo Settecento, ci viene documentato da due disegni e da una descrizione dell’Oretti, che intorno al 1770 scrive: “Di bel disegno come una antica fortezza con bella torre, merlato, tutto con fosse d’acqua attorno”.
Pochi anni più tardi, intorno al 1781, le parole di Marcello Oretti sono confermate dal Calindri, che così descrive l’edificio: “una magnifica antica fabbrica di un palazzo fortificato con merli e torre agli angoli con fossa d’intorno all’uso militare del XV secolo”.
Da Pantasilea Cattani la villa-fortezza e i terreni adiacenti furono lasciati in eredità al nipote, il conte Giovanni Calderini e dopo la morte di questi passarono ai Padri di San Giovanni in Monte.
In epoca napoleonica, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi e alla confisca dei loro beni, l’intera proprietà fu acquistata dagli Stagni, che ancor oggi ne detengono il possesso.
Nel corso dell’Ottocento, probabilmente nella seconda metà del secolo, furono intrapresi i lavori che trasformarono l’antica fortezza in residenza, assecondandone la funzione di fulcro dell’attività agricola svolta nei terreni di proprietà.
Furono colmati di terra i fossati esterni, evidentemente non più confacenti alle esigenze dell’epoca
e, come sembrano testimoniare i disegni settecenteschi dell’Oretti, fu demolito il corpo centrale dell’antica struttura, al posto del quale venne ricavata una corte con pozzo e costruito un nuovo edificio in stile neogotico.
Poco distante dalla villa si trova l’oratorio di San Michele Arcangelo, che in questa sede ci limiteremo a citare e che un tempo ebbe la funzione di parrocchia.
Nonostante l’aspetto dell’edificio non sia più quello originario, villa Stagni rimane ancor oggi uno dei luoghi più suggestivi del nostro territorio.